Sei pronta, Figlia.
Era la voce calda e suadente che da sempre l'accompagnava; Nefertari, china su un antico testo che narrava le gesta di Ade, rialzò appena la testa pur sapendo che non avrebbe trovato nessuno. Sahila, la donna che l'accudiva, era ormai profondamente addormentata in una delle stanze nei sotterranei del santuario. Lei si trovava in una torre, china sui soliti testi che studiava da sempre, apprendendo le nozioni su ciò che sarebbe dovuta diventare.
Cosa volete che faccia, Padre mio?
Da sempre la sola figura familiare che Nefertari conosceva era suo padre: non lo vedeva se non con gli occhi della mente, o se lui decideva di apparire sotto forma eterea, e del resto lei non si aspettava altro. Avere come padre il sovrano degli Inferi era un onore, un orgoglio che lei covava sin dai suoi primi strilli: quella figura priva di sotanza era costantemente con lei, e la sua voce era la sola che ascoltava.
Sahila era solo un tramite e Nefertari sapeva che lei non avrebbe ottenuto nulla dal compito di accudirla; ormai era cresciuta e sempre più spesso si sentiva dire che il momento stava per giungere.
Nefertari era dopotutto una brava figlia: non aveva mai disobbedito a un solo ordine del padre, arrivando a venerarlo e mettendo la sua volontà sopra a tutto. Quando lui le aveva detto che il suo solo mondo era il santuario in cui viveva, non aveva provato alcun desiderio di uscire; non c'erano celle o sbarre, semplicemente la giovane aveva eseguito la volontà divina del padre.
Non parlava con nessuno se non con lui, e sempre più di rado. Niente svaghi o divertimenti, solo studio e ore infinite di solitudine che le servivano solo per rendersi veramente superiore al mondo esterno; Nefertari non sentiva la mancanza di ciò che non aveva effettivamente mai avuto, era felice lì in quella stanza spoglia se non per un ritratto di Ade che illuminava la stanza; non era veramente un quadro dato che non era appeso al muro, si trattava solo di un'immagine quasi riflessa, che sembrava fatta di luce propria e dava l'impressione di essere viva. Come se Ade stesso la osservasse, lasciando percepire alla ragazza la propria infinita potenza.
Il momento è infine giunto. Esci da qui e vieni a me.
Era una frase che Nefertari attendeva da tutta una vita pur essendosi convinta che non l'avrebbe mai ascoltata: non aveva ricordi precisi da bambina, ma da quando aveva cominciato a stare sulle proprie gambe a volte aveva visto l'ombra di Ade alle sue spalle. Non le era mai stato consentito voltarsi - era lui ad avere dettato le regole, e come sempre lei le aveva seguite alla lettera - ma sentire il suo potente cosmo e vedere quell'ombra oscurarle la luce della candela le aveva sempre dato uno strano senso di quiete. Di pace.
La Morte dopotutto era ordine, giustizia e controllo; anni trascorsi sui libri avevano lasciato in Nefertari un'impronta indelebile, quella e la costante presenza del cosmo di Ade che la sovrastava nettamente, anche se non con violenza. In tutto il tempo Nefertari non si era mai addentrata oltre le soglie del giardino interno, preferendo il silenzio delle mura all'interno ma l'ordine non poteva essere contrastato in alcun modo.
La ragazza si alzò cercando di non inciampare nel bianco sari che indossava, e si avviò verso l'unica direzione a lei ignota: quella della porta. Allungò le braccia e poggiò le mani sul portone, percependo una sensazione di estraneità e desiderando poter fare altrimenti; chiuse gli occhi quando una luce accecante la abbagliò. Non era abituata, era fastidioso ma aveva obbedito.
Era uscita dal suo mondo. Dove andare ore?
note: °__° boh XDDDDD spero vada bene XDDD